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I nuovi dei (Dicò - Lo Spazio È Vita 2019)
18 Giu

I nuovi dei (Dicò - Lo Spazio È Vita 2019)

L'inaugurazione del nuovo spazio DICO’ a Piazza de’ Ricci (Via di Monserrato, 23) si pone come ulteriore novità nel novero incessante delle creazioni dell’artista romano noto per le combustioni.
Infatti non si tratta solo dell’inaugurazione di un nuovo studio, un nuovo atelier, un nuovo laboratorio, quanto piuttosto di una vera e propria opera d’arte.

Partendo dall'idea newyorkese di factory, DICO’ va oltre per realizzare uno spazio-esposizione-casa- laboratorio che è di per sé un’esperienza emotiva e dirompente per chi ne varca la soglia.

Lo spazio architettonico non è lineare, si apre con un grande salone e si ha l'impressione di trovarsi in una galleria d’arte new concept piena di opere neo-pop, il Joker, le Marilyn, il Popeye e le grandi bandiere americane.
Notevole è la sala successive dalle pareti scure che ha un che di museale, quadri sospesi, capolavori eterni dell’arte rivisitati e rielaborati dall'artista con le sue combustioni: la notte stellata di Van Gogh, la Ragazza col turbante di Vermeer, il Napoleone di J.L.David. Ancora più avanti un’altra sala da cui in alto a sinistra filtra la luce esterna tramite antichi finestroni mentre a destra sbalzano fuori i neon rossi da un enorme Colosseo che ci dice come nelle opere dell'artista il passato sia sempre fagocitato nel presente e proiettato nel futuro. Infine ci troviamo in una sala sormontata da un modernissimo soppalco; teatro, immaginiamo, di creazioni divine, dove arte e vita si fondono in un abbraccio dionisiaco. Arte e Vita non hanno più confini divisori.

Cronaca rosa (Piccoli Tasti Grandi Firme)
10 Giu

Cronaca rosa (Piccoli Tasti Grandi Firme)

Al museo civico Pier Alessandro Garda di Ivrea c’è "Piccoli tasti, Grandi firme; L'epoca d'oro del giornalismo italiano (1950-1990)".

 

La mostra realizzata dal Comune di Ivrea con il contributo della Fondazione Guelpa, e curata e raccontata da Luigi Mascheroni, è dedicata alla stagione d’oro del nostro giornalismo che inizia appunto nel 1950, ovvero l'anno della progettazione della leggendaria Lettera 22; e si sovrappone e intreccia con la grandissima diffusione delle macchine da scrivere portatili Olivetti. Fino alla svolta digitale degli anni novanta. Un periodo in cui autori indimenticabili hanno fatto la storia, dalle redazioni dei giornali. Nomi come Dino Buzzati, Camilla Cederna, Indro Montanelli, Oriana Fallaci, Gianni Brera, Pier Paolo Pasolini, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Beppe Viola e Mario Soldati.

Una stagione che può ancora proporsi come esempio e confronto in un momento come quello attuale in cui il giornalismo della carta stampata vive una crisi profonda: concorrenza dei nuovi media e di Internet in particolare, crollo delle copie per tutti i maggiori quotidiani, allontanamento dei lettori tradizionali, riduzione drastica della pubblicità, perdita di autorevolezza nei confronti del lettore. Oggi siamo sommersi da notizie, “ultima ora”, commenti, travolti da tweet, fotogallery, video, e sopraffatti da polemiche, scandali, consigli dell’esperto e, anche, fake news. Però – in questo flusso di narrazione ubiqua, anzi di storytelling - rischiamo di perdere un’antica abitudine: il piacere di raccontare (e leggere) le storie, e soprattutto le storie ben scritte.

 

Oltre a contributi video che vedono protagoniste le grandi firme dell'epoca, la mostra si articola attraverso l'esposizione di materiale molto vario: macchine per scrivere, come quella famosa, rossa, di Camilla Cederna; taccuini, come quelli con gli appunti di Buzzati, dattiloscritti, ritagli e pagine di giornale, tra cui quelle bellissime del Messaggero sull'allunaggio, celebrate dal Moma; e ancora disegni, e caricature, come quella di Montanelli fatta dai due brigatisti che gli spararono, e che gliene fecero dono; fotografie inedite, come quelle di Beppe Viola con i campioni dell’epoca e memorabilia, come l'inseparabile pipa di Gianni Brera.

Piccoli tasti, grandi firme resterà ad Ivrea fino al 31 dicembre 2019.

 

Oriana Fallace (Piccoli Tasti Grandi Firme)
10 Giu

Oriana Fallace (Piccoli Tasti Grandi Firme)

Al museo civico Pier Alessandro Garda di Ivrea c’è "Piccoli tasti, Grandi firme; L'epoca d'oro del giornalismo italiano (1950-1990)".

 

La mostra realizzata dal Comune di Ivrea con il contributo della Fondazione Guelpa, e curata e raccontata da Luigi Mascheroni, è dedicata alla stagione d’oro del nostro giornalismo che inizia appunto nel 1950, ovvero l'anno della progettazione della leggendaria Lettera 22; e si sovrappone e intreccia con la grandissima diffusione delle macchine da scrivere portatili Olivetti. Fino alla svolta digitale degli anni novanta. Un periodo in cui autori indimenticabili hanno fatto la storia, dalle redazioni dei giornali. Nomi come Dino Buzzati, Camilla Cederna, Indro Montanelli, Oriana Fallaci, Gianni Brera, Pier Paolo Pasolini, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Beppe Viola e Mario Soldati.

Una stagione che può ancora proporsi come esempio e confronto in un momento come quello attuale in cui il giornalismo della carta stampata vive una crisi profonda: concorrenza dei nuovi media e di Internet in particolare, crollo delle copie per tutti i maggiori quotidiani, allontanamento dei lettori tradizionali, riduzione drastica della pubblicità, perdita di autorevolezza nei confronti del lettore. Oggi siamo sommersi da notizie, “ultima ora”, commenti, travolti da tweet, fotogallery, video, e sopraffatti da polemiche, scandali, consigli dell’esperto e, anche, fake news. Però – in questo flusso di narrazione ubiqua, anzi di storytelling - rischiamo di perdere un’antica abitudine: il piacere di raccontare (e leggere) le storie, e soprattutto le storie ben scritte.

 

Oltre a contributi video che vedono protagoniste le grandi firme dell'epoca, la mostra si articola attraverso l'esposizione di materiale molto vario: macchine per scrivere, come quella famosa, rossa, di Camilla Cederna; taccuini, come quelli con gli appunti di Buzzati, dattiloscritti, ritagli e pagine di giornale, tra cui quelle bellissime del Messaggero sull'allunaggio, celebrate dal Moma; e ancora disegni, e caricature, come quella di Montanelli fatta dai due brigatisti che gli spararono, e che gliene fecero dono; fotografie inedite, come quelle di Beppe Viola con i campioni dell’epoca e memorabilia, come l'inseparabile pipa di Gianni Brera.

Piccoli tasti, grandi firme resterà ad Ivrea fino al 31 dicembre 2019.

 

Andar tastoni (Piccoli Tasti Grandi Firme)
10 Giu

Andar tastoni (Piccoli Tasti Grandi Firme)

Al museo civico Pier Alessandro Garda di Ivrea c’è "Piccoli tasti, Grandi firme; L'epoca d'oro del giornalismo italiano (1950-1990)".

 

La mostra realizzata dal Comune di Ivrea con il contributo della Fondazione Guelpa, e curata e raccontata da Luigi Mascheroni, è dedicata alla stagione d’oro del nostro giornalismo che inizia appunto nel 1950, ovvero l'anno della progettazione della leggendaria Lettera 22; e si sovrappone e intreccia con la grandissima diffusione delle macchine da scrivere portatili Olivetti. Fino alla svolta digitale degli anni novanta. Un periodo in cui autori indimenticabili hanno fatto la storia, dalle redazioni dei giornali. Nomi come Dino Buzzati, Camilla Cederna, Indro Montanelli, Oriana Fallaci, Gianni Brera, Pier Paolo Pasolini, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Beppe Viola e Mario Soldati.

Una stagione che può ancora proporsi come esempio e confronto in un momento come quello attuale in cui il giornalismo della carta stampata vive una crisi profonda: concorrenza dei nuovi media e di Internet in particolare, crollo delle copie per tutti i maggiori quotidiani, allontanamento dei lettori tradizionali, riduzione drastica della pubblicità, perdita di autorevolezza nei confronti del lettore. Oggi siamo sommersi da notizie, “ultima ora”, commenti, travolti da tweet, fotogallery, video, e sopraffatti da polemiche, scandali, consigli dell’esperto e, anche, fake news. Però – in questo flusso di narrazione ubiqua, anzi di storytelling - rischiamo di perdere un’antica abitudine: il piacere di raccontare (e leggere) le storie, e soprattutto le storie ben scritte.

 

Oltre a contributi video che vedono protagoniste le grandi firme dell'epoca, la mostra si articola attraverso l'esposizione di materiale molto vario: macchine per scrivere, come quella famosa, rossa, di Camilla Cederna; taccuini, come quelli con gli appunti di Buzzati, dattiloscritti, ritagli e pagine di giornale, tra cui quelle bellissime del Messaggero sull'allunaggio, celebrate dal Moma; e ancora disegni, e caricature, come quella di Montanelli fatta dai due brigatisti che gli spararono, e che gliene fecero dono; fotografie inedite, come quelle di Beppe Viola con i campioni dell’epoca e memorabilia, come l'inseparabile pipa di Gianni Brera.

Piccoli tasti, grandi firme resterà ad Ivrea fino al 31 dicembre 2019.

 

Singing the blues (Not I - Samuel Beckett, Anthony Page, Billy Whitelaw 1977)
01 Giu

Singing the blues (Not I - Samuel Beckett, Anthony Page, Billy Whitelaw 1977)

La mostra allestita a Palazzo delle Esposizioni a Roma Il corpo della voce. Carmelo Bene, Cathy Berberian, Demetrio Stratos è dedicata alla voce intesa come pura potenzialità sonora. Il progetto espositivo intende ripercorrere quegli avvenimenti che, sulla scia delle avanguardie artistiche del novecento, hanno infranto il legame indissolubile tra il significato della parola e la sua dimensione sonora, attraverso la scelta di alcune opere di tre straordinari protagonisti: la cantante mezzosoprano americana di origine armena Cathy Berberian (1925-1983), l’attore e regista Carmelo Bene (1937–2002) e il musicista cantante di origine greche Demetrio Stratos (1945-1979).
L’innovativo lavoro di ricerca e sperimentazione intrapreso dai tre grandi artisti accompagna i visitatori in un viaggio originale e del tutto inedito alla scoperta di questa fondamentale potenzialità umana. In mostra più di 120 opere tra foto, video, materiali di repertorio, partiture originali, corrispondenze, documenti esposti per la prima volta al pubblico oltre a exhibit interattivi, aree di ascolto e apparecchiature elettroniche utilizzate dagli artisti al fine di esplorare i limiti delle proprie possibilità vocali.
La raccolta della corposa documentazione è stata possibile grazie alla consultazione di diversi archivi e all’accurato lavoro di ricerca di Anna Cestelli Guidi e Francesca Rachele Oppedisano, curatrici della mostra, che hanno reperito materiale sorprendente e mai divulgato prima.
La mostra è arricchita da due sezioni scientifiche: la prima, introduttiva, curata da Franco Fussi, medico-chirurgo, specialista in Foniatria e Otorinolaringoiatria, offrirà ai visitatori un’accurata analisi dell’interno della cavità di risonanza dove si configura la voce nella sua carnalità. La seconda, curata da Graziano Tisato, ricercatore presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) – CNR di Padova, si trova all’interno della sezione Stratos e consta di tre postazioni interattive realizzate ad hoc per la mostra, attraverso le quali sarà possibile approfondire la comprensione degli effetti vocali prodotti dall’artista.
 

Samuel Beckett, Anthony Page, Billy Whitelaw - Not I - 1973-77

“Stratosferico” (Demetrio Stratos - performance Pre-Art Milano, 1978)
01 Giu

“Stratosferico” (Demetrio Stratos - performance Pre-Art Milano, 1978)

La mostra allestita a Palazzo delle Esposizioni a Roma Il corpo della voce. Carmelo Bene, Cathy Berberian, Demetrio Stratos è dedicata alla voce intesa come pura potenzialità sonora. Il progetto espositivo intende ripercorrere quegli avvenimenti che, sulla scia delle avanguardie artistiche del novecento, hanno infranto il legame indissolubile tra il significato della parola e la sua dimensione sonora, attraverso la scelta di alcune opere di tre straordinari protagonisti: la cantante mezzosoprano americana di origine armena Cathy Berberian (1925-1983), l’attore e regista Carmelo Bene (1937–2002) e il musicista cantante di origine greche Demetrio Stratos (1945-1979).
L’innovativo lavoro di ricerca e sperimentazione intrapreso dai tre grandi artisti accompagna i visitatori in un viaggio originale e del tutto inedito alla scoperta di questa fondamentale potenzialità umana. In mostra più di 120 opere tra foto, video, materiali di repertorio, partiture originali, corrispondenze, documenti esposti per la prima volta al pubblico oltre a exhibit interattivi, aree di ascolto e apparecchiature elettroniche utilizzate dagli artisti al fine di esplorare i limiti delle proprie possibilità vocali.
La raccolta della corposa documentazione è stata possibile grazie alla consultazione di diversi archivi e all’accurato lavoro di ricerca di Anna Cestelli Guidi e Francesca Rachele Oppedisano, curatrici della mostra, che hanno reperito materiale sorprendente e mai divulgato prima.
La mostra è arricchita da due sezioni scientifiche: la prima, introduttiva, curata da Franco Fussi, medico-chirurgo, specialista in Foniatria e Otorinolaringoiatria, offrirà ai visitatori un’accurata analisi dell’interno della cavità di risonanza dove si configura la voce nella sua carnalità. La seconda, curata da Graziano Tisato, ricercatore presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) – CNR di Padova, si trova all’interno della sezione Stratos e consta di tre postazioni interattive realizzate ad hoc per la mostra, attraverso le quali sarà possibile approfondire la comprensione degli effetti vocali prodotti dall’artista.
 

Demetrio Stratos performance Pre-Art Milano, 1978

“Diplofonie” (Demetrio Stratos "Le Bocche" Milano 1977)
01 Giu

“Diplofonie” (Demetrio Stratos "Le Bocche" Milano 1977)

La mostra allestita a Palazzo delle Esposizioni a Roma Il corpo della voce. Carmelo Bene, Cathy Berberian, Demetrio Stratos è dedicata alla voce intesa come pura potenzialità sonora. Il progetto espositivo intende ripercorrere quegli avvenimenti che, sulla scia delle avanguardie artistiche del novecento, hanno infranto il legame indissolubile tra il significato della parola e la sua dimensione sonora, attraverso la scelta di alcune opere di tre straordinari protagonisti: la cantante mezzosoprano americana di origine armena Cathy Berberian (1925-1983), l’attore e regista Carmelo Bene (1937–2002) e il musicista cantante di origine greche Demetrio Stratos (1945-1979).
L’innovativo lavoro di ricerca e sperimentazione intrapreso dai tre grandi artisti accompagna i visitatori in un viaggio originale e del tutto inedito alla scoperta di questa fondamentale potenzialità umana. In mostra più di 120 opere tra foto, video, materiali di repertorio, partiture originali, corrispondenze, documenti esposti per la prima volta al pubblico oltre a exhibit interattivi, aree di ascolto e apparecchiature elettroniche utilizzate dagli artisti al fine di esplorare i limiti delle proprie possibilità vocali.
La raccolta della corposa documentazione è stata possibile grazie alla consultazione di diversi archivi e all’accurato lavoro di ricerca di Anna Cestelli Guidi e Francesca Rachele Oppedisano, curatrici della mostra, che hanno reperito materiale sorprendente e mai divulgato prima.
La mostra è arricchita da due sezioni scientifiche: la prima, introduttiva, curata da Franco Fussi, medico-chirurgo, specialista in Foniatria e Otorinolaringoiatria, offrirà ai visitatori un’accurata analisi dell’interno della cavità di risonanza dove si configura la voce nella sua carnalità. La seconda, curata da Graziano Tisato, ricercatore presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) – CNR di Padova, si trova all’interno della sezione Stratos e consta di tre postazioni interattive realizzate ad hoc per la mostra, attraverso le quali sarà possibile approfondire la comprensione degli effetti vocali prodotti dall’artista.
 

Demetrio Stratos "Le Bocche" sequenza di 6 foto, Milano 1977

"All in all you'r just a selfie stick in the wall" (Teresa Margolles - Muro Ciudad Juarez, 2010)
23 Mag

"All in all you'r just a selfie stick in the wall" (Teresa Margolles - Muro Ciudad Juarez, 2010)

La 58. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia è aperta al pubblico fino al 24 novembre 2019. Dal titolo “May You Live In Interesting Times” è curata da Ralph Rugoff.
«Il titolo di questa Mostra può essere letto come una sorta di maledizione – ha dichiarato il Presidente Paolo Baratta – nella quale l’espressione “interesting times” evoca l’idea di tempi sfidanti e persino minacciosi. Ma può essere anche un invito a vedere e considerare sempre il corso degli eventi umani nella loro complessità, un invito pertanto che ci appare particolarmente importante in tempi nei quali troppo spesso prevale un eccesso di semplificazione, generato da conformismo o da paura. E io credo che una mostra d’arte valga la pena di esistere, in primo luogo, se intende condurci davanti all’arte e agli artisti come una decisiva sfida a tutte le inclinazioni alla sovrasemplificazione.»

Teresa Margolles – Muro Ciudad Juarez (2010)
L’artista esamina il costo socio-economico della criminalizzazione delle droghe e le crudeltà della narcoviolenza che affliggono il Messico, suo paese d’origine. Avendo studiato medicina forense, nella sua pratica Margolles evidenzia le consistenze, gli odori e i residui fisici della morte. Per realizzare Muro Ciudad Juarez, l’artista ha trasportato blocchi di un muro di cemento che si trovava davanti a una scuola a Juarez, una città con uno dei più alti tassi di omicidi nel Messico; crivellato di buchi di pallottole e sormontato da un groviglio di filo spinato, il muro rappresenta un memoriale viscerale alle vittime della narcoviolenza. L’artista si rifiuta di rappresentare la violenza in sé, preferendo mostrare ciò che rimane delle sue conseguenze come mezzo per richiamare l’attenzione verso una situazione tragica e irrisolta che continua fino ad oggi.

 

"control+alt!+cancello" (Shilpa Gupta - Untitle, 2009)
23 Mag

"control+alt!+cancello" (Shilpa Gupta - Untitle, 2009)

La 58. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia è aperta al pubblico fino al 24 novembre 2019. Dal titolo “May You Live In Interesting Times” è curata da Ralph Rugoff.
«Il titolo di questa Mostra può essere letto come una sorta di maledizione – ha dichiarato il Presidente Paolo Baratta – nella quale l’espressione “interesting times” evoca l’idea di tempi sfidanti e persino minacciosi. Ma può essere anche un invito a vedere e considerare sempre il corso degli eventi umani nella loro complessità, un invito pertanto che ci appare particolarmente importante in tempi nei quali troppo spesso prevale un eccesso di semplificazione, generato da conformismo o da paura. E io credo che una mostra d’arte valga la pena di esistere, in primo luogo, se intende condurci davanti all’arte e agli artisti come una decisiva sfida a tutte le inclinazioni alla sovrasemplificazione.»

Shilpa Gupta – Untitle (2009) cancello mobile che oscilla da una parte all’altra del muro, rompendolo.
L’arte di Shilpa Gupta si rivolge spesso all’esistenza fisica e ideologica dei cofini, svelandone le funzioni arbitrarie e al contempo repressive. I suoi lavori esplorano le aree interstiziali tra Stati-nazione, le divisioni etnico-religiose e le strutture di sorveglianza, oscillando tra i concetti di legale e illegale, appartenenza e isolamento. Untitled è un cancello meccanico residenziale di quelli usati per chiudere i vialetti privati e garantire sicurezzae isolamento. Ma questo, con le sue punte esageratamente lunghe e una cornice metallica sporgente, oscille avanti e indietro seguendo una propria volontà e colpendo con aggressività la parete della sala fino a incrinarla e romperla. Gupta paragona la strana forma centrale sulla griglia di metallo alle linee di confine di un territorio, ma anche a un “buco nel cervello”, conferendo al cancello un inquietante aspetto antropomorfo.

 

"Mukka express" (Nabuqi - Do real things happen in moments of rationality?, 2018)
23 Mag

"Mukka express" (Nabuqi - Do real things happen in moments of rationality?, 2018)

La 58. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia è aperta al pubblico fino al 24 novembre 2019. Dal titolo “May You Live In Interesting Times” è curata da Ralph Rugoff.
«Il titolo di questa Mostra può essere letto come una sorta di maledizione – ha dichiarato il Presidente Paolo Baratta – nella quale l’espressione “interesting times” evoca l’idea di tempi sfidanti e persino minacciosi. Ma può essere anche un invito a vedere e considerare sempre il corso degli eventi umani nella loro complessità, un invito pertanto che ci appare particolarmente importante in tempi nei quali troppo spesso prevale un eccesso di semplificazione, generato da conformismo o da paura. E io credo che una mostra d’arte valga la pena di esistere, in primo luogo, se intende condurci davanti all’arte e agli artisti come una decisiva sfida a tutte le inclinazioni alla sovrasemplificazione.»

Nabuqi – Do real things happen in moments of rationality? (2018)
Nabuqi esplora gli aspetti estetici e materiali degli oggetti scultorei e mantiene i suoi assemblaggi scevri da implicazioni o funzioni narrative. L’artista impiega elementi ready-made e costruisce degli scenari inclusivi, generando sensazioni di déjà-vu stabilendo connessioni tra gli oggetti e ciò che li circonda. Do real things happen in moments of rationality? si compone di un mix eclettico di materiali che evocano un’ambientazione naturale. Secondo l’artista gli oggetti industriali e quelli di natura decorativa di questo assemblaggio “sembrerebbero simulare una sorta di realtà oppure alimentare un’immaginazione di un’estetica virtuale, piacevole e ospitale”. Messi insieme questi materiali disparati si misurano con il limite che passa tra il reale e l’artificiale, invitandoci a riflettere su quali sono gli elementi che potremmo percepirecome realtà.