#SelfieadArte

“Visible Invisible” è una mostra pensata ad hoc per gli spazi espositivi del Mudec, prodotta e promossa dal Comune di Milano-Cultura, MUDEC e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Boxart Gallery, a cura di Beatrice Benedetti. Aperta fino al 15 settembre 2019.

In rassegna circa cinquanta opere dell’artista, tra cui un inedito della Pietà Rondanini scattato al Castello Sforzesco di Milano e la fotografia della Sala di Caravaggio – mai esposta prima - realizzata nel 2019 alla Galleria Borghese di Roma, oltre all’immagine scattata al MUDEC tra i reperti della collezione permanente del museo.

L’artista cinese di fama internazionale Liu Bolin (Shandong, 1973) è conosciuto dal grande pubblico per le sue performance mimetiche, in cui, grazie a un accurato body painting, il suo corpo risulta pienamente integrato con lo sfondo.

Luoghi emblematici, problematiche sociali, identità culturali note e segrete: Liu Bolin fa sua la poetica del nascondersi per diventare cosa tra le cose, per denunciare che tutti i luoghi, tutti gli oggetti, anche i più piccoli, hanno un’anima che li caratterizza e in cui mimetizzarsi, svanire, identificarsi nel Tutto: una filosofia figlia dell’Oriente, ma che ha conquistato il mondo intero, soprattutto quello occidentale.

Contraddizioni tra passato e presente, tra il potere esercitato e quello subito: è la lettura opposta e complementare della natura delle cose, documentata dalle immagini di Liu Bolin. Denuncia? Riflessione critica? Contestazione politica e sociale? Le fotografie di Liu Bolin hanno diversi livelli di lettura, oltre l’immediatezza espressiva. Dietro lo scatto fotografico che si conclude in un momento c’è lo studio, l’installazione, la pittura, la performance dell’artista: un processo di realizzazione che dura anche giorni, a dimostrazione di come un’immagine fotografica artistica non sia mai frutto di un caso, ma la sintesi di un processo creativo spesso complesso, che rivela la coscienza dell’artista e la sua intima conoscenza della realtà in tutta la sua complessità.

 

 

Liu Bolin - UE Flag, 2008
 
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“Visible Invisible” è una mostra pensata ad hoc per gli spazi espositivi del Mudec, prodotta e promossa dal Comune di Milano-Cultura, MUDEC e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Boxart Gallery, a cura di Beatrice Benedetti. Aperta fino al 15 settembre 2019.

In rassegna circa cinquanta opere dell’artista, tra cui un inedito della Pietà Rondanini scattato al Castello Sforzesco di Milano e la fotografia della Sala di Caravaggio – mai esposta prima - realizzata nel 2019 alla Galleria Borghese di Roma, oltre all’immagine scattata al MUDEC tra i reperti della collezione permanente del museo.

L’artista cinese di fama internazionale Liu Bolin (Shandong, 1973) è conosciuto dal grande pubblico per le sue performance mimetiche, in cui, grazie a un accurato body painting, il suo corpo risulta pienamente integrato con lo sfondo.

Luoghi emblematici, problematiche sociali, identità culturali note e segrete: Liu Bolin fa sua la poetica del nascondersi per diventare cosa tra le cose, per denunciare che tutti i luoghi, tutti gli oggetti, anche i più piccoli, hanno un’anima che li caratterizza e in cui mimetizzarsi, svanire, identificarsi nel Tutto: una filosofia figlia dell’Oriente, ma che ha conquistato il mondo intero, soprattutto quello occidentale.

Contraddizioni tra passato e presente, tra il potere esercitato e quello subito: è la lettura opposta e complementare della natura delle cose, documentata dalle immagini di Liu Bolin. Denuncia? Riflessione critica? Contestazione politica e sociale? Le fotografie di Liu Bolin hanno diversi livelli di lettura, oltre l’immediatezza espressiva. Dietro lo scatto fotografico che si conclude in un momento c’è lo studio, l’installazione, la pittura, la performance dell’artista: un processo di realizzazione che dura anche giorni, a dimostrazione di come un’immagine fotografica artistica non sia mai frutto di un caso, ma la sintesi di un processo creativo spesso complesso, che rivela la coscienza dell’artista e la sua intima conoscenza della realtà in tutta la sua complessità.

 

 

Liu Bolin - Iceland N. 1, 2017
 
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“Visible Invisible” è una mostra pensata ad hoc per gli spazi espositivi del Mudec, prodotta e promossa dal Comune di Milano-Cultura, MUDEC e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Boxart Gallery, a cura di Beatrice Benedetti. Aperta fino al 15 settembre 2019.

In rassegna circa cinquanta opere dell’artista, tra cui un inedito della Pietà Rondanini scattato al Castello Sforzesco di Milano e la fotografia della Sala di Caravaggio – mai esposta prima - realizzata nel 2019 alla Galleria Borghese di Roma, oltre all’immagine scattata al MUDEC tra i reperti della collezione permanente del museo.

L’artista cinese di fama internazionale Liu Bolin (Shandong, 1973) è conosciuto dal grande pubblico per le sue performance mimetiche, in cui, grazie a un accurato body painting, il suo corpo risulta pienamente integrato con lo sfondo.

Luoghi emblematici, problematiche sociali, identità culturali note e segrete: Liu Bolin fa sua la poetica del nascondersi per diventare cosa tra le cose, per denunciare che tutti i luoghi, tutti gli oggetti, anche i più piccoli, hanno un’anima che li caratterizza e in cui mimetizzarsi, svanire, identificarsi nel Tutto: una filosofia figlia dell’Oriente, ma che ha conquistato il mondo intero, soprattutto quello occidentale.

Contraddizioni tra passato e presente, tra il potere esercitato e quello subito: è la lettura opposta e complementare della natura delle cose, documentata dalle immagini di Liu Bolin. Denuncia? Riflessione critica? Contestazione politica e sociale? Le fotografie di Liu Bolin hanno diversi livelli di lettura, oltre l’immediatezza espressiva. Dietro lo scatto fotografico che si conclude in un momento c’è lo studio, l’installazione, la pittura, la performance dell’artista: un processo di realizzazione che dura anche giorni, a dimostrazione di come un’immagine fotografica artistica non sia mai frutto di un caso, ma la sintesi di un processo creativo spesso complesso, che rivela la coscienza dell’artista e la sua intima conoscenza della realtà in tutta la sua complessità.

 

 

Liu Bolin - In Front of the Red Flag, 2006
 
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MIA Photo Fair, la fiera dedicata alla fotografia d’arte, ideata e diretta da Fabio Castelli e Lorenza Castelli, uno degli appuntamenti più attesi della stagione espositiva milanese giunta alla sua settima edizione in programma dal 10 al 13 marzo 2017 a The Mall, nel quartiere di Porta Nuova a Milano, riconferma la sua vocazione internazionale e la volontà di offrire un programma culturale di grande qualità.Dopo il successo dell’edizione 2016, che ha visto oltre 24.000 visitatori, MIA Photo Fair anche quest’anno si presenta con il suo format consolidato: da un lato, le gallerie, cui viene lasciata la possibilità di proporre collettive o progetti monografici; dall’altro, Proposta MIA, ovvero una selezione di fotografi che espongono il proprio lavoro individualmente. 130 gli espositori, di cui 80 le gallerie partecipanti, provenienti da 13 nazioni, cui si aggiungerà Proposta MIA e un’area dedicata all’editoria. Molte sono le novità della VII edizione di MIA Photo Fair. Per la prima volta, si porteranno all’attenzione del pubblico tre progetti tematici legati ad altrettante aree geografiche: il Focus Brasile, a cura di Denise Gadelha, il Focus Asturie, a cura di Monica Alvarez Careaga, e il Focus Ungheriaa cura di Art Photo Budapest.Verrà inoltre riservato un particolare interesse per la performance, con la partecipazione di Flux Laboratory, uno spazio sperimentale multidisciplinare con sede a Ginevra, Zurigo e Atene, che incoraggia il lavoro creativo e performativo attraverso incontri con il mondo della danza, dell’arte, della filosofia, della musica e della tecnologia.

 

Liu Bolin “Hiding in the City N.2 Civilian and Policeman” (2006). Boxart Gallery, Verona.
Opera ormai iconica, pubblicata sul catalogo della prima personale dell’artista nel nostro paese nel 2008 dal titolo “Hide and Seek”, a cura di Francesca Tarocco.
L’artista mimetizza se stesso (facendosi dipingere come di consueto da alcuni assistenti) mentre siede davanti a un poliziotto che gli occlude gli occhi con due mani. Ciò rappresenta il potere esercitato dalla propaganda per manipolare la visione dell’uomo comune cinese e oscurare ciò che vedono gli artisti, attraverso l’arma della censura.
Esistono anche alcune sculture degli stessi anni, dal titolo “Red Hand” in cui una fila indiana di uomini in divisa si copre gli occhi a vicenda con lo stesso gesto.
L’opera è stata inserita nel 2015 in una mostra curata da Paola Marini e Beatrice Benedetti a Castelvecchio, Verona, dal titolo “Le meraviglie del 2000″ in cui artisti contemporanei asiatici venivano abbinati al genius loci scaligero. Nel caso specifico l’accoppiata era con un ritratto di Girolamo Savonarola del Moretto.
Liu Bolin è conosciuto soprattutto per la sua serie di foto di performance Hiding in the City in cui tocca i temi universali del rapporto uomo-natura e tra pensiero e potere politico. La ricerca in questo solco è iniziata nel 2006 nel Suojia Village di Pechino, smantellato nel novembre di quell’anno dalle autorità, e non si è ancora arrestata. Dalla sua prima personale a Pechino nel 1998, il lavoro di Liu Bolin ha ricevuto riconoscimenti internazionali.

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