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Dal 24 ottobre 2018, all’Hangar Bicocca c’è “Igloos” di Mario Merz. La mostra, curata da Vicente Todolì e realizzata in collaborazione con la Fondazione Merz, riprende il discorso già impostato nella personale di Merz curata da Harald Szeemann nel 1985 alla Kunsthaus di Zurigo, in cui vennero presentate tutte le variazioni sull’igloo – uno dei temi ricorrenti dell’artista dalla fine degli anni sessanta fino alla morte – al fine di creare una sorta di villaggio irreale nello spazio espositivo.
E se allora furono 17 le opere esposte, qui la città si è estesa: più di 30 igloo sono infatti stati collocati nei 5500 metri quadrati delle Navate e del Cubo di HangarBicocca, sottolineando la coerente visionarietà dell’artista milanese e aggiungendo ulteriori elementi tipici di Merz, anche temporalmente posteriori, per poter rendere questo discorso il più compiuto possibile.
Queste opere, riconducibili visivamente alle primordiali abitazioni, diventano per l’artista l’archetipo dei luoghi abitati e del mondo e la metafora delle diverse relazioni tra interno ed esterno, tra spazio fisico e spazio concettuale, tra individualità e collettività. Gli igloo sono caratterizzati da una struttura metallica rivestita da una grande varietà di materiali di uso comune, come argilla, vetro, pietre, iuta e acciaio – spesso appoggiati o incastrati tra loro in modo instabile – e dall’uso di elementi e scritte al neon.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 24 febbraio 2019.

Mrio Merz - Evidenza di 987, 1978 Igloos Pirelli Hangar Bicocca

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Dal 24 ottobre 2018, all’Hangar Bicocca c’è “Igloos” di Mario Merz. La mostra, curata da Vicente Todolì e realizzata in collaborazione con la Fondazione Merz, riprende il discorso già impostato nella personale di Merz curata da Harald Szeemann nel 1985 alla Kunsthaus di Zurigo, in cui vennero presentate tutte le variazioni sull’igloo – uno dei temi ricorrenti dell’artista dalla fine degli anni sessanta fino alla morte – al fine di creare una sorta di villaggio irreale nello spazio espositivo.
E se allora furono 17 le opere esposte, qui la città si è estesa: più di 30 igloo sono infatti stati collocati nei 5500 metri quadrati delle Navate e del Cubo di HangarBicocca, sottolineando la coerente visionarietà dell’artista milanese e aggiungendo ulteriori elementi tipici di Merz, anche temporalmente posteriori, per poter rendere questo discorso il più compiuto possibile.
Queste opere, riconducibili visivamente alle primordiali abitazioni, diventano per l’artista l’archetipo dei luoghi abitati e del mondo e la metafora delle diverse relazioni tra interno ed esterno, tra spazio fisico e spazio concettuale, tra individualità e collettività. Gli igloo sono caratterizzati da una struttura metallica rivestita da una grande varietà di materiali di uso comune, come argilla, vetro, pietre, iuta e acciaio – spesso appoggiati o incastrati tra loro in modo instabile – e dall’uso di elementi e scritte al neon.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 24 febbraio 2019.

Mrio Merz - Senza titolo, 1985 Igloos Pirelli Hangar Bicocca

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Dal 24 ottobre 2018, all’Hangar Bicocca c’è “Igloos” di Mario Merz. La mostra, curata da Vicente Todolì e realizzata in collaborazione con la Fondazione Merz, riprende il discorso già impostato nella personale di Merz curata da Harald Szeemann nel 1985 alla Kunsthaus di Zurigo, in cui vennero presentate tutte le variazioni sull’igloo – uno dei temi ricorrenti dell’artista dalla fine degli anni sessanta fino alla morte – al fine di creare una sorta di villaggio irreale nello spazio espositivo.
E se allora furono 17 le opere esposte, qui la città si è estesa: più di 30 igloo sono infatti stati collocati nei 5500 metri quadrati delle Navate e del Cubo di HangarBicocca, sottolineando la coerente visionarietà dell’artista milanese e aggiungendo ulteriori elementi tipici di Merz, anche temporalmente posteriori, per poter rendere questo discorso il più compiuto possibile.
Queste opere, riconducibili visivamente alle primordiali abitazioni, diventano per l’artista l’archetipo dei luoghi abitati e del mondo e la metafora delle diverse relazioni tra interno ed esterno, tra spazio fisico e spazio concettuale, tra individualità e collettività. Gli igloo sono caratterizzati da una struttura metallica rivestita da una grande varietà di materiali di uso comune, come argilla, vetro, pietre, iuta e acciaio – spesso appoggiati o incastrati tra loro in modo instabile – e dall’uso di elementi e scritte al neon.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 24 febbraio 2019.

Mrio Merz - Tenda di Gheddafi, 1981 Igloos Pirelli Hangar Bicocca

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Ancora una volta, Hangar Bicocca ospita una mostra in cui un artista interagisce con gli spazi espositivi. Nel caso di “Casino”, prima personale italiana di Damian Ortega, le opere non sono site-specific, ma sono lavori preesistenti che l’artista ha però scelto di collocare nello spazio a suo piacimento. E il rapporto tra le forme e lo spazio è al centro della poetica di Ortega, che – tramite medium e linguaggi diversi – esplode e decostruisce oggetti di uso comune, o li coinvolge in interazioni con gli osservatori, sovvertendone in ogni caso il significato.

Cuore della mostra è “The Beetle Trilogy“, dedicata al maggiolino Wolkswagen, una della grandi icone del ventesimo secolo. Comprende un’installazione (un maggiolino “esploso”), una performance (un’altra auto che veniva originariamente tirata e mossa dagli spettatori) e un film che narra la “storia della vita” di un veicolo dalla sua nascita in una fabbrica di Puebla, in Messico, alla sua sepoltura nel giardino di casa dei genitori.

 

Damián Ortega, Moby Dick (2004)

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Ancora una volta, Hangar Bicocca ospita una mostra in cui un artista interagisce con gli spazi espositivi. Nel caso di “Casino”, prima personale italiana di Damian Ortega, le opere non sono site-specific, ma sono lavori preesistenti che l’artista ha però scelto di collocare nello spazio a suo piacimento. E il rapporto tra le forme e lo spazio è al centro della poetica di Ortega, che – tramite medium e linguaggi diversi – esplode e decostruisce oggetti di uso comune, o li coinvolge in interazioni con gli osservatori, sovvertendone in ogni caso il significato.

Cuore della mostra è “The Beetle Trilogy“, dedicata al maggiolino Wolkswagen, una della grandi icone del ventesimo secolo. Comprende un’installazione (un maggiolino “esploso”), una performance (un’altra auto che veniva originariamente tirata e mossa dagli spettatori) e un film che narra la “storia della vita” di un veicolo dalla sua nascita in una fabbrica di Puebla, in Messico, alla sua sepoltura nel giardino di casa dei genitori.

 

Damián Ortega, Cosmic Thing (2002)

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Ancora una volta, Hangar Bicocca ospita una mostra in cui un artista interagisce con gli spazi espositivi. Nel caso di “Casino”, prima personale italiana di Damian Ortega, le opere non sono site-specific, ma sono lavori preesistenti che l’artista ha però scelto di collocare nello spazio a suo piacimento. E il rapporto tra le forme e lo spazio è al centro della poetica di Ortega, che – tramite medium e linguaggi diversi – esplode e decostruisce oggetti di uso comune, o li coinvolge in interazioni con gli osservatori, sovvertendone in ogni caso il significato.

Cuore della mostra è “The Beetle Trilogy“, dedicata al maggiolino Wolkswagen, una della grandi icone del ventesimo secolo. Comprende un’installazione (un maggiolino “esploso”), una performance (un’altra auto che veniva originariamente tirata e mossa dagli spettatori) e un film che narra la “storia della vita” di un veicolo dalla sua nascita in una fabbrica di Puebla, in Messico, alla sua sepoltura nel giardino di casa dei genitori.

 

Damián Ortega, Controller of the Universe (2007)

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Hangar Bicocca propone “Double Bind & Around“, la prima personale in Italia dedicata a Juan Muñoz. L’esposizione prende il nome da “Double Bind”, l’opera più importante dello scultore spagnolo, realizzata nel 2001 per la Turbine Hall della Tate Modern Gallery di Londra e mai più esposta in seguito. Conosciuto soprattutto per le sue sculture in papier maché, resina e bronzo, Juan Muñoz si è spesso interessato anche alla scrittura e alle arti sonore, creando composizioni, audio pieces e programmi radiofonici. Grande nel reinterpretare la tradizione della scultura classica alla luce delle avanguardie del Novecento, Muñoz è stato definito da The Guardian “il più significativo tra gli artisti della prima generazione della Spagna post-franchista”. Lo scultore realizza opere in cui l’osservatore si sente facilmente coinvolto fino a sentirsi parte dell’opera stessa.

 

Juan Muñoz - Double Bind, 2001

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Hangar Bicocca propone “Double Bind & Around“, la prima personale in Italia dedicata a Juan Muñoz. L’esposizione prende il nome da “Double Bind”, l’opera più importante dello scultore spagnolo, realizzata nel 2001 per la Turbine Hall della Tate Modern Gallery di Londra e mai più esposta in seguito. Conosciuto soprattutto per le sue sculture in papier maché, resina e bronzo, Juan Muñoz si è spesso interessato anche alla scrittura e alle arti sonore, creando composizioni, audio pieces e programmi radiofonici. Grande nel reinterpretare la tradizione della scultura classica alla luce delle avanguardie del Novecento, Muñoz è stato definito da The Guardian “il più significativo tra gli artisti della prima generazione della Spagna post-franchista”. Lo scultore realizza opere in cui l’osservatore si sente facilmente coinvolto fino a sentirsi parte dell’opera stessa.

 

Juan Muñoz - Double Bind, 2001

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Hangar Bicocca propone “Double Bind & Around“, la prima personale in Italia dedicata a Juan Muñoz. L’esposizione prende il nome da “Double Bind”, l’opera più importante dello scultore spagnolo, realizzata nel 2001 per la Turbine Hall della Tate Modern Gallery di Londra e mai più esposta in seguito. Conosciuto soprattutto per le sue sculture in papier maché, resina e bronzo, Juan Muñoz si è spesso interessato anche alla scrittura e alle arti sonore, creando composizioni, audio pieces e programmi radiofonici. Grande nel reinterpretare la tradizione della scultura classica alla luce delle avanguardie del Novecento, Muñoz è stato definito da The Guardian “il più significativo tra gli artisti della prima generazione della Spagna post-franchista”. Lo scultore realizza opere in cui l’osservatore si sente facilmente coinvolto fino a sentirsi parte dell’opera stessa.

 

Juan Muñoz - Conversation Piece, 1994

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Il lasso (Kishio Suga, Fieldology)

Lunedì, 10 Ottobre 2016

Pirelli HangarBicocca presenta “Situation”, la prima retrospettiva dedicata da un’istituzione europea a Kishio Suga (Morioka, Giappone, 1944), figura chiave dell’arte contemporanea giapponese. La mostra, a cura di Yuko Hasegawa e Vicente Todolì, rappresenta un evento eccezionale, proponendo in un’unica occasione oltre 20 installazioni realizzate da Suga dal 1969 fino ai giorni nostri e da lui riadattate proprio in funzione delle specificità dello spazio espositivo di Pirelli HangarBicocca.

La mostra fa perte degli eventi celebrativi del 150° anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia e rivela l’importanza storica e contemporanea di una pratica esemplare come quella di Kishio Suga, che si sviluppa in un momento di grande sperimentazione a livello Internazionale con la nascita, tra gli anni ’60 e ’70, di movimenti come la Post-Minimal Art a la Land Art negli Stati Uniti e l’Arte Povera in Italia.

Il percorso espositivo si presenta come un paesaggio formato da elementi organici e industriali – come ferro, zinco, legno, pietre e paraffina – in cui convivono leggerezza e imponenza.

"Realizzo installazioni all’interno di spazi espositivi, una forma d’arte piuttosto comune oggi. Uso una varietà di materiali, accostandoli e creando una struttura che si adatta a tutto lo spazio. Le installazioni non sono mai permanenti e possono essere facilmente rimosse e distrutte. Si potrebbe dire che creo mondi temporanei." (Kishio Suga, The Conditions Surrounding an Act, 2009)

Situation rimarrà in HangarBicocca fino al 29 gennaio 2017.

 

Kishio Suga - Fieldology, 1974-2016

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