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Non esiste probabilmente alcun personaggio storico – con l’eccezione di Hitler – che abbia goduto di peggiore pubblicità di Nerone. Incendiario, pazzo, addirittura Anticristo secondo alcuni autori cristiani, la figura del “cesare maledetto” è stata considerata totalmente negativa per duemila anni. “Duemila anni di calunnie”, come diceva nel titolo del suo saggio (ed. Marsilio) Massimo Fini; e come sottolineava Edoardo Sylos Labini nel suo spettacolo teatrale del 2015, quando, per primo, decise di mettere in scena la vicenda alternativa – e ormai considerata reale dagli storici – di Lucio Domizio Enobarbo, in “arte” Nerone.

La nostra volontà di “giocare” con il nuovo nome dell’imperatore – che lo assunse quando venne adottato dall’imperatore Claudio – è legata a uno degli aspetti più notevoli di Nerone. Che fu senz’altro un grande uomo di stato, nonostante la pessima “stampa” di cui dicevamo, dovuta in gran parte al fatto di essere a favore del popolo e inviso invece all’aristocrazia di cui facevano parte anche i suoi biografi; ma che fu anche il primo degli antieroi, dei ribelli, dei miti popolari vissuti bruciandosi (e non bruciando…) invece che spegnendosi lentamente. E che morì giovane, suicida. Come Rimbaud, come James Dean, ma ancor di più come una moderna star del rock o del pop.

 

Una vita e una fine tormentate, che come raccontava Sylos Labini si svolgevano nella Domus Aurea – il suo palazzo imperiale – attorniato da una corte di mimi, ballerini, musicisti e prostitute; e dove lui, poeta, “chitarrista”, attore, viveva la tempesta di sentimenti, paure e riflessioni che lo accompagneranno verso la fine.

 

Ancora, oggi, due anni dopo quello spettacolo che, oltre alla rivalutazione della figura dell’imperatore, si poneva come obiettivo l’analisi degli ultimi tragici giorni di un (anti)eroe decaduto – tema caro a Sylos Labini, che lo affronterà altre volte, la più recente col suo “d’Annunzio segreto”- la figura di Nerone diventa la chiave per creare uno spettacolo teatrale moderno e importante. Seppur con un piglio diverso: non con l’occhio introspettivo del regista di Pomezia, ma ponendo il focus sulla figura iconica e “pop” del cesare. E per farlo, in linea con questo aspetto, la formula scelta è quella del musical.

Si tratta di “DIVO NERONE – OPERA ROCK. Il musical più infuocato della storia”, dal 7 giugno a Vigna Barberini, sul Colle Palatino a Roma. Ed è destinato a diventare l’evento più importante della stagione romana: si tratta infatti di un vero kolossal, firmato dal tre volte premio Oscar Dante Ferretti per la scenografia, dall’altrettanto triplice premio Oscar Francesca Lo Schiavo agli arredi e alle decorazioni, dal premio Oscar Gabriella Pescucci per i costumi, e dal premio Oscar Luis Bacalov che si occupa delle musiche insieme con il duplice premio Grammy Franco Migliacci, ideatore dell’opera. La direzione artistica è del figlio, Ernesto Migliacci. La regia è di uno dei massimi registi italiani, ovvero Gino Landi, e le coreografie sono di Marco Sellati.

L’intenzione è insomma quella di fare di Nerone il protagonista del più sensazionale spettacolo d’intrattenimento made in Italy mai realizzato prima, come giustamente sostiene Cristian Casella, che firma la produzione.

Importantissimo anche il contributo di un’altra eccellenza italiana: quella dell’istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali del CNR, che contribuisce a creare – nel contesto delle aree in cui l’imperatore visse – gli scenari tridimensionali che riproducono le sontuosità architettoniche dell’epoca.

Un vero e proprio viaggio attraverso i secoli, quindi, che rende lo spettacolo un importante promotore culturale, artistico, turistico ed archeologico al contempo, con l’aspirazione di diventare l’evento irrinunciabile per chiunque passi dalla Capitale.
A testimonianza dell’eccellenza della nostra storia, ma anche dell’importanza del nostro presente.

 

Pubblicato in ArtsLife