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A Dream Factory – Laboratorio per l’Arte Contemporanea fino al 3 dicembre 2017 è in mostra “Knots”, personale di Carlo Alberto Rastelli, giovane pittore parmigiano.

L’esposizione, a cura di Alberto Zanchetta, è il compimento di un’idea maturata negli ultimi due anni formando il suo topic sulle nuove tematiche – dalla duplice e apparentemente opposta visione – delle opere dell’artista. Tematiche opposte, ma non slegate, bensì unite da nodi – in inglese “Knots”, appunto – invisibili.

Da un lato, macroscopicamente, le tele, che ritraggono la foresta di betulle della Lettonia, gelata per il clima e dall’apparenza congelata nel tempo; dall’altro, microscopicamente, gli stessi alberi (in realtà diversi, si tratta di abeti nostrani, ma pur sempre alberi esposti all’azione del medesimo tempo, in senso atmosferico) vengono sezionati, rivelando così lo scorrere del tempo, narrato dagli anelli concentrici del tronco. E tra queste venature appare la storia degli uomini, assenti nelle immagini da ere geologiche delle tele, ma in realtà presenti tra i nodi del reticolo temporale. E non come individui – spicca infatti l’assenza dei loro volti, in cui lo spaziotempo si distorce al punto di trasformarli in galassie e nebulose – ma come entità impersonali la cui opera, a prescindere dall’identità, è pur sempre opera umana, nonostante la semplicità delle azioni ritratte. E, in quanto umana, è dotata di una scintilla divina, resa graficamente dalla presenza di un’aureola sotto forma di foglia d’oro a sovrastarne il capo.

Una mostra legata quindi ai contrasti e al tema del tempo, già indagato in precedenza dal pittore ma qui reso in maniera decisamente più compiuta grazie al ricorso agli opposti, che rafforza la coerenza stilistica di Rastelli: fortemente figurativo, dal segno grafico legato a doppio nodo con il mondo del fumetto a cui si è formato, l’artista utilizza le forme naturali – le linee delle betulle disegnate, gli anelli naturali del legno – come texture, geometrie che portano a una naturale astrazione, rafforzata dai layer flat della serie su tela (che si chiama “Pet Sematary”, avendo come unico richiamo alla vita… l’inserimento di teschi animali, piccoli volumi ad olio su uno strato di algida foresta acrilica) e dall’inserimento di elementi “alieni” (come lo stesso colore: le figure sono tratte da una serie di fotografie degli anni trenta e quaranta trovate nella soffitta della nonna) su quelle più evidentemente figurative delle opere su legno, che grazie a questi contrasti si astraggono dallo spaziotempo. Astratte, astrali.

Pubblicato in Il Giornale